
Bartosz Szczygielski è stato l’autore debuttante più di successo del 2017. Forse perché il suo debutto lo preparava da tempo, tenuto nel cassetto per anni e sognato per chissà quanto. Forse perché ha scelto un genere molto amato come il noir, inserendoci una vena tutta sua e personaggi intriganti. Forse perché ha trovato da subito quello che tanti altri scrittori cercano per tutta una vita: una lingua che fosse sua, riconoscibile, netta. Lo abbiamo incontrato in un caffè del centro di Varsavia per parlare della sua trilogia (Aorta, 2017; Sangue, 2018; Cuore, 2019;) e anche dei suoi progetti futuri. I diritti dei suoi libri per l’Italia sono rappresentati in esclusiva da Nova Books Agency.
Come hai iniziato a scrivere? E perché hai scelto proprio il giallo?
Perché sono fondamentalmente pigro. Scrivevo già da tempo, racconti, soprattutto di fantascienza. Poi a un certo punto ho saputo di un seminario di scrittura che offriva vitto e alloggio a Breslavia in occasione del festival del poliziesco. Per partecipare, bisognava passare da un concorso che consisteva nello scrivere un racconto poliziesco. E allora mi sono detto: perché no? Ci ho provato e ho vinto. Così sono andato a Breslavia e lì mi hanno detto che in realtà non avevano poi molto da insegnarmi, che ero pronto e che non dovevo fare altro che rimboccarmi le maniche e iniziare a scrivere il mio romanzo. Solo che io ero pigro e un po’ insicuro, e mi sono detto che era ancora troppo presto Così ho frequentato un altro seminario, questa volta con Katarzyna Bonda, e poi sono andato di nuovo a Breslavia. E me l’hanno detto di nuovo: non c’è niente che ti possiamo insegnare, buttati, scrivi il tuo libro! E allora l’ho fatto. Una volta finito il manoscritto l’ho mandato a W.A.B., gli è piaciuto e in poco tempo è uscito Aorta. Ho avuto buoni riscontri che mi hanno fatto pensare che forse sarebbe valso la pena dare un po’ di regolarità a tutto questo. Mentre scrivevo Aorta avevo già le idee precise per tutta la trilogia, così mi sono messo lì e nel giro di due anni ho scritto gli altri due volumi.
Quindi insomma sono pigro, lo ero perlomeno, ma ora che è diventato un lavoro e non è più un hobby mi piace anche di più e spero che continui così.
Come è cambiata la tua vita da quando la scrittura è diventata il tuo lavoro?
Per la verità non è il mio unico lavoro, continuo a farne uno per così dire… tradizionale, come giornalista. Il vero cambiamento nella mia quotidianità è che dopo il lavoro non ho tempo libero, ma mi metto a scrivere. È stancante, certo, ma mi piace da morire, è quello che avrei sempre voluto fare. Sai quell’immagine tipica e un po’ romantica dello scrittore? Quando ne immagini uno lo vedi lì che batte sui tasti seduto in veranda pensoso mentre fuma la pipa. Bene, con me è un po’ diverso, anche io batto sui tasti ma lo faccio in cucina e fumando sigarette. Da poco ho iniziato a lavorare a un libro nuovo, ma ci ho messo sei mesi a raccogliere le idee prima di scrivere anche solo una parola. Una volta che inizio a scrivere poi riesco a tenere il ritmo, ma ovviamente in modo più lento rispetto a come sarebbe se facessi solo questo. Sto imparando a diventare sempre più sistematico, se tutto andrà bene, il mio nuovo libro sarà pronto per febbraio del 2020.
Puoi anticiparci di cosa si tratterà?
Una cosa tutta nuova, separata dai temi e dai personaggi della trilogia. Ok, tutta nuova forse no. Sarà comunque un romanzo un po’ oscuro e dai contorni noir, ma non sarà un giallo vero e proprio. In ogni caso credo che i lettori non resteranno delusi.
Dicevi che stai lavorando per diventare più sistematico. Scrivi ogni giorno?
Sì, assolutamente. Non è facile, non è come scrivere ogni giorno un articolo, ma senza questa regolarità penso che non caverei un ragno dal buco. Quindi sì, mi metto lì ogni giorno a scrivere, non ci sono feste, weekend o pause che tengano. È importante.
E ne hai sempre voglia?
Certo che no! (ride) E non credo nemmeno nella vena, nell’ispirazione o cose così. Ci sono giorni in cui va meglio, altri che vanno molto peggio. Capitano le volte che sto lì anche un paio d’ore su una pagina o magari scrivo due paragrafi e poi li rileggo e mi fanno schifo. Ma nonostante tutto la regolarità mi dà molto. Se voglio che venga fuori un libro decente, non posso fare altrimenti.
Qual è stato il libro più difficile da scrivere?
[Continua a leggere su PoloniCult]